
L’Ispettorato chiarisce i limiti e le conseguenze dell’anticipazione indebita delle quote di trattamento di fine rapporto
Non è legittimo corrispondere mensilmente il TFR in busta paga al di fuori delle ipotesi previste dalla legge. A chiarirlo è l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota n. 616 del 3 aprile scorso, in risposta a un quesito formulato dall’Ispettorato metropolitano di Milano. Il documento di prassi richiama l’attenzione sul fatto che, concluso il periodo sperimentale previsto dalla Legge n. 190/2014 (attivo dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018), ogni forma di anticipazione del TFR deve rispettare i vincoli dell’art. 2120 del Codice civile. In questo contesto, l’Ispettorato ribadisce che “la pattuizione collettiva o individuale possa avere ad oggetto una anticipazione dell’accantonamento maturato al momento della pattuizione e non un mero automatico trasferimento in busta paga del rateo mensile che, a questo punto, costituirebbe una mera integrazione retributiva con conseguenti ricadute anche sul piano contributivo”. Per le imprese con almeno 50 dipendenti – l’INL ricorda che – l’obbligo di versamento del TFR al Fondo di Tesoreria INPS, in vigore dal 2007, sancisce l’indisponibilità delle somme versate al Fondo per la loro natura di contribuzione previdenziale. Qualsiasi erogazione al di fuori delle ipotesi previste, dunque, rappresenta una violazione. Nella nota si precisa, infine, che in caso di accertamento si intimerà al datore di lavoro di ricostituire gli accantonamenti indebitamente erogati attraverso l’adozione del provvedimento previsto dall’art. 14 del D.Lgs. n.124/2004.
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