
Con la risposta all’interpello n.41/2025 il Fisco chiarisce le decorrenze per mantenere il regime di favore
Per accedere al regime agevolato per i lavoratori impatriati (Dlgs 209/2023), il periodo minimo di residenza all’estero è di sei anni se il lavoratore che rientra non è stato precedentemente impiegato in Italia per lo stesso datore di lavoro che aveva all'estero o per un'azienda dello stesso gruppo. Nel caso in cui, invece, prima del trasferimento all'estero, il lavoratore sia stato impiegato in Italia per lo stesso datore di lavoro o azienda del gruppo, il requisito minimo per godere dell'agevolazione sale a 7 anni. Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello n. 41 del 20 febbraio scorso, presentato da un cittadino italiano residente in Francia dal 2018 per lavorare per una società appartenente allo stesso gruppo per cui lavorava in Italia nel 2015 e 2016 e per la quale lavorerà anche nel 2025 dopo il rientro in Italia. L’Agenzia ha confermato che, avendo trascorso sei anni all’estero, il contribuente potrà beneficiare del regime fiscale agevolato, che consente l’imposizione solo sul 50% dei redditi da lavoro dipendente, assimilati e autonomi, fino a un massimo di 600.000 euro annui. Questo perché, come precisa l'Agenzia nell'interpello, "non c'è coincidenza tra il datore di lavoro per il quale è stato impiegato in Italia nel periodo immediatamente precedente il trasferimento all'estero e quello presso il quale inizierà a lavorare dopo il suo rientro in Italia. Nel caso di coincidenza, invece, il periodo necessario di permanenza all'estero è di 7 anni.
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