Nell’approfondimento della Fondazione Studi, i chiarimenti sulla nuova disciplina dei parametri e sul ruolo degli Ordini professionali previsti dalla legge 49/2023
Il parere di congruità emesso dall’Ordine o dal Collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate e se il debitore non propone opposizione innanzi all’autorità giudiziaria entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista. È uno dei principi stabiliti dalla legge 49/2023 che disciplina l’equo compenso per i professionisti (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 104/23), al centro dell’ultimo approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro dal titolo “Equo compenso: prime valutazioni”, pubblicato oggi, 16 maggio. In particolare, il Documento si concentra sugli aspetti salienti e sugli elementi di novità del provvedimento, la cui entrata in vigore è prevista per il prossimo 20 maggio: per esempio, sull’art. 5, comma 4, secondo il quale i Consigli nazionali degli Ordini o Collegi professionali sono legittimati ad adire l’autorità giudiziaria competente qualora ravvisino violazioni delle disposizioni vigenti in materia di equo compenso. “Trattasi di una previsione molto importante – si legge nell’approfondimento – che attribuisce ai Consigli Nazionali un interesse ad agire processualmente a tutela del rispetto della normativa sull’equo compenso, in un’ottica di garanzia della legalità, essendo tali Consigli espressione di enti di diritto pubblico”. Spazio, poi, alla questione parametri, che in forza della normativa dovranno essere aggiornati ogni due anni su proposta dei Consigli Nazionali degli Ordini o Collegi professionali e che nulla esclude possano essere utilizzati “anche al di fuori del perimetro applicativo di tale legge”.
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